La dispersione scolastica
Il fenomeno della dispersione scolastica indica l’interruzione precoce di un ciclo di studi. Prendendo in esame una classe, la percentuale di allievi non presenti nella classe successiva, esclusi gli alunni iscritti in altre scuole, costituiscono il tasso di dispersione. Secondo un rapporto Eurispes del 2003 ogni anno 240.000 studenti lasciano la scuola senza alcuna valutazione. Il tasso di dispersione subisce un brusco aumento soprattutto nel passaggio da un ciclo scolastico all’altro. In altre parole, il primo anno della scuola media e della scuola superiore sono i periodi di maggior rischio in cui nelle scuole italiane è più probabile non concludere l’anno in corso. Il passaggio da un ciclo scolastico all’altro comporta infatti delle sfide in termini di adattamento ai nuovi criteri di apprendimento e di inserimento nel sistema di relazioni sociali del nuovo ordine di scuola che, se non adeguatamente affrontate, possono favorire l’abbandono. La “scelta” di interrompere la scuola è compiuta maggiormente alle scuole superiori, tra i 15 e i 18 anni: il 4,6% degli studenti deciderebbe di non frequentare più. Tra i fattori della dispersione emergono fattori di tipo socio-economico come la presenza di devianza giovanile e criminalità e rilevanti svantaggi di natura sociale. Ciò spiegherebbe l’elevarsi del tasso di dispersione in città come Napoli e Palermo e, in generale, nelle regioni meridionali e nelle isole. Un ruolo importante viene tuttavia giocato da fattori interni al sistema scolastico come le opportunità di successo nell’apprendimento e l’inserimento nel gruppo classe. Per quanto riguarda l’appartenenza al gruppo è un’esperienza comune quella per cui il sentirsi a proprio agio, inseriti gradevolmente in un gruppo, diventa uno stimolo ulteriore a partecipare alle attività del gruppo con interesse. Clima relazionale collaborativo e motivazione ad apprendere si rinforzano a vicenda favorendo il successo formativo. Al contrario in un clima competitivo o individualistico, il rischio di processi di emarginazione progressiva aumenta, alimentando il rischio dell’abbandono. Un altro fattore di rischio è lo sperimentare carenti opportunità di successo nell’ambiente “scuola”. Ciò si realizza incontrando poche occasioni di rinforzo positivo per le proprie condotte: sia per quelle legate all’apprendimento in senso stretto, sia per quelle legate alla costruzione di un proprio ruolo all’interno del gruppo classe. È dunque auspicabile una didattica che dia più attenzione alle abilità di apprendimento e al piccolo gruppo come mediatore dell’apprendimento individuale piuttosto che all’esclusiva acquisizione di nozioni e contenuti disciplinari.
Michela Carmignani
Pubblicato su “il quartiere”, settembre 2007
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