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MICHELA CARMIGNANI
PSICOLOGA PSICOTERAPEUTA
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Dipendenze

Dipendenza da sostanze

dipendenzeLa cultura prodotta dalla nostra società si caratterizza per la sovrabbondanza di messaggi, verbali e non, nei quali si è immersi. Tali stimoli generano un diffuso rumore che tende a coprire l’espressione dell’individuo e a ridurre lo spazio e il tempo dedicati ad un vero ascolto reciproco. Da qui il bisogno che emerge, soprattutto in ambito adolescenziale e giovanile, di spazi in cui esprimersi, sentirsi autentici protagonisti delle proprie scelte ed essere ascoltati in un clima di fiducia e di accettazione reciproca.
La difficoltà della società di offrire una risposta puntuale a questo bisogno tende a produrre, tra i suoi molteplici e sconcertanti riflessi, la diffusione di vissuti di disagio nelle giovani generazioni. La cultura dello sballo, e le pratiche di consumo di sostanze ad essa legate, possono essere considerate, in questa ottica, come un tentativo di autoterapia intesa come modalità di accesso, per quanto artificiale e pericolosa, a quei vissuti che i giovani non hanno la possibilità di scoprire e fare propri nelle relazioni con i pari e nel confronto con gli adulti.
Tra gli effetti psichici ottenuti con l’assunzione di sostanze come l’ecstasy - e di altre droghe sintetiche affini appartenenti alla famiglia di sostanze dette anfetaminosimili - sono stati rilevati la produzione di uno stato di empatia, l’accentuazione di tutte le sensazioni, una iperstimolazione psicomotoria. L’analisi e la comprensione della valenza dei vissuti ricercati attraverso il consumo di queste sostanze può risultare utile ad una più attenta individuazione dei bisogni che sottostanno a questo tipo di condotta e, dunque, alla messa in atto di valide strategie preventive e terapeutiche. In particolare emerge l’importanza di predisporre spazi e tempi in cui i giovani possano incontrarsi, ascoltarsi e parlare di sé; in cui possano sperimentare un autentico contatto con se stessi, con gli altri e un senso di incisività sulla realtà che li circonda.

 

Dipendenza da gioco d'azzardo

gioco_azzardoIl gioco, da dimensione ricreativa, può diventare un’attività compulsiva, spogliandosi dei caratteri di libertà e di spontaneità che lo caratterizzano nella forma sana. I casi di cronaca che denunciano gli esiti disastrosi della dipendenza da gioco sul piano economico (indebitamento, usura, fallimento di un’attività lavorativa) e sul piano relazionale (crisi coniugali legate alle continue menzogne e all’irresponsabilità sul piano economico) sono in aumento, nonostante il periodo di depressione economica. Sembra che il gioco patologico colpisca attualmente dal 3 al 6% della popolazione adulta. Come si spiega questo fenomeno? In prima istanza diversi studi hanno messo in evidenza come l’aumento dell’offerta di giochi sia in relazione con l’aumento dei clienti e dei giocatori “patologici”. Anche la qualità del gioco, tendenzialmente più solitario di un tempo (si pensi alla differenza tra il giocare a carte e alle slot machine), diventa un fattore di dipendenza in quanto contribuisce al progressivo estraniamento dalla realtà del giocatore compulsivo. Nella situazione socio-economica attuale il gioco sembra assumere una valenza regressiva: il giocatore scarica così le frustrazioni legate all’impossibilità di raggiungere gli standard di successo socialmente auspicabili. Il gioco diventa un contenitore di vissuti di fallimento e al tempo stesso regala l’eccitazione di vincere e l’illusione di benessere legata alla vittoria. Il percorso che conduce alla dipendenza appare simile a quello dell’uso di sostanze. In una prima fase di cosiddetta “luna di miele” ciò che fa figura è l’aspetto divertente del gioco e gli apparenti vantaggi (la possibilità di vincere e le perdite irrisorie) legati alla convinzione di poter smettere quando si vuole. Nella fase successiva il gioco e le sue conseguenze monopolizzano l’attenzione del giocatore. Le perdite e l’irritabilità conseguente alimentano il bisogno di giocare nell’illusione di poterle compensare, dovendo scommettere somme sempre maggiori per poter risarcire i debiti contratti nel frattempo. Si instaura così un circolo vizioso di autodistruzione nel quale il giocatore si ingabbia, allontanandosi dalla realtà e dalle persone care attraverso un castello di bugie e di alibi messi in piedi per giustificare la propria condotta. Così come la dipendenza da sostanze, anche quella da gioco può essere curata con terapie appropriate, dove il primo passo consiste nella presa d’atto del problema, rendendosi disponibili a fare i conti con i propri limiti e con gli aspetti frustranti della realtà.

Dipendenza da internet

Dipendenza nelle relazioni affettive

 

 

 

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Dott.ssa Michela Carmignani Psicologa Psicologo Psicoterapeuta Roma

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