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MICHELA CARMIGNANI
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Alimentazione

 

anoressiaI disturbi alimentari possono assumere varie forme e vari livelli di gravità. Il disturbo alimentare più noto è probabilmente l’anoressia.

Il termine “anoressia”, che letteralmente significa mancanza di appetito, è fuorviante rispetto al tipo di disturbo. La ragazza o il ragazzo anoressico infatti, piuttosto che essere inappetenti, sentono gli stimoli della fame, sono sensibili al gusto del cibo, ma vivono questa normale funzione fisiologica in modo estremamente conflittuale. Per questo motivo esercitano un controllo ferreo sull’assunzione del cibo.

L’anoressia è caratterizzata dal rifiuto di mantenere il peso corporeo al di sopra dei livelli minimi previsti per quell’età e statura, e dal rifiuto di ammettere la gravità della condizione di sottopeso. Tale condizione, nelle ragazze, conduce alla progressiva assenza del ciclo mestruale, anche per diversi mesi consecutivi.

La bulimia, l’altro principale disturbo alimentare, è invece caratterizzato da ricorrenti abbuffate, in cui si ingeriscono quantità enormi di cibo, seguite da comportamenti con cui si tenta, pericolosamente, di compensare l’apporto calorico dell’abbuffata. Oltre al digiuno o all’esercizio fisico eccessivo, si può ricorrere a provocarsi il vomito o a fare un uso improprio di lassativi e diuretici. Questi comportamenti, talvolta presenti anche nell’anoressia, espongono a rischi concreti per la salute fisica, oltre che mentale.

SchieleL’alterazione dell’apporto nutrizionale sconvolge la regolazione delle sostanze utili per il funzionamento dei vari organi. Il vomito può, nel tempo, lacerare i tessuti attorno alla bocca e danneggiare i denti.

Anoressia e bulimia rappresentano disturbi gravi, seppure in aumento nella popolazione adolescenziale.

Oltre ad essi è possibile incontrare altri tipi di difficoltà più lievi nell’area dell’alimentazione, che spesso hanno elementi di somiglianza con anoressia e bulimia senza arrivare a condizionare in modo così rigido il comportamento alimentare. Anche in questi casi è importante non trascurare i segnali di disagio e le alterazioni del rapporto con il cibo che li accompagnano, per non lasciarli consolidare nel tempo, rischiando il loro aggravarsi.


 

 

 

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Dott.ssa Michela Carmignani Psicologa Psicologo Psicoterapeuta Roma

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