|
I perchè dell'intervento |
|
|
|
Relazione descrittiva del progetto
definitivo
Agli inizi degli anni Sessanta la Cappella
fu sottoposta a radicali interventi di restauro, che interessarono
sia l'edificio che la decorazione murale interna.
Ciononostante, a meno di dieci anni dalla conclusione dei lavori,
i dipinti murali di Giotto e degli altri ignoti Maestri mostravano
evidenti segni di degrado.
Fu affidato pertanto all'Istituto centrale del restauro il compito
di individuare le cause di quel degrado e i possibili rimedi.
L'Istituto, in collaborazione con vari Enti pubblici di ricerca
(Laboratori CNR Fisbat di Bologna, Istituto CNR di Chimica e Tecnologia
dei Radioelementi di Padova, Centro CNR per lo studio delle opere
d'arte di Roma, Istituto di Chimica Generale dell'Università
di Venezia) effettuò pertanto, fra il 1977 ed il 1979, una
serie di indagini mirate che, anche alla luce di ricerche sulle
vicende conservative del complesso, consentirono di individuare
le cause e di ricostruire i meccanismi di degrado.
Furono eseguite indagini sugli inquinanti atmosferici, sugli scambi
termodinamici fra dipinti e ambiente, sulla distribuzione della
temperatura superficiale sui dipinti murali, sui depositi di particelle
su di essi, sui biodeteriogeni. Massima causa di degrado risultò
essere l'inquinamento, ovviamente tramite i concomitanti fenomeni
di polverosità e di umidità.
I rimedi adatti a rendere l'ambiente idoneo alla conservazione delle
decorazioni murali - proposti a corollario della pubblicazione dei
risultati delle indagini, in un volume della serie speciale del
Bollettino d'Arte Giotto a Padova (1982) dall'allora direttore dell'Istituto
Urbani - furono, per sua esplicita dichiarazione, intenzionalmente
elementari per potere essere più facilmente generalizzabili
e improntati al criterio della gradualità.
Vennero date le seguenti indicazioni: 1) schermare e aumentare la
coibenza delle finestre e impiantare, se possibile, alberi di alto
fusto in corrispondenza della parete destra, per impedire al sole
di influire sulla situazione termoigrometrica interna; 2) sostituire
le lampade ad incandescenza, che originavano microturbolenze, con
altre a luce fredda; 3) chiudere e coibentare la porta centrale,
da dove entravano in abbondanza polveri e inquinanti, ripristinando
l'apertura laterale sinistra, murata per motivi di sicurezza dopo
che l'attiguo Palazzo Scrovegni era divenuto inagibile e creando
un ambiente di ricezione condizionato.
Venne anche chiarito che soltanto dopo la realizzazione di tali
provvidenze e conseguente verifica di effettivo funzionamento si
sarebbero potuti eseguire interventi conservativi e di restauro
sulle decorazioni murali.
Mentre gli interventi relativi ai primi due punti poterono essere
messi rapidamente in opera a cura del Comune (eccetto l'impianto
di alberi, ritenuto non percorribile), dovettero essere invece sottoposte
ad approfondimenti metodologico-progettuali le indicazioni, del
tutto inedite, sull'ambiente di ricezione, la cui realizzazione
avrebbe certamente avuto notevoli implicazioni sotto l'aspetto dell'impatto
ambientale.
Vennero inoltre presi in considerazione due problemi di cui precedentemente
non era stata percepita tutta la gravità: l'insufficiente
coibenza della facciata e le alterazioni prodotte nella situazione
termo-igrometrica dell'ambiente da un afflusso incontrollato di
visitatori (fenomeno che andava assumendo proprio allora dimensioni
sempre più macroscopiche).
Quanto alla facciata, si trattava di scegliere fra un intervento
di "impermeabilizzazione" mediante resine sintetiche ed
il ripristino di un trattamento tradizionale a base di calce di
cui furono rinvenute tracce sotto gli archetti del coronamento.
Una ricerca appositamente attivata dall'Istituto in collaborazione
con la competente Soprintendenza ai beni storici e artistici e l'Istituto
universitario di architettura di Venezia permise di riscontrare
tracce di decorazione murale esterna su numerosi edifici padovani
coevi alla Cappella. Questi elementi però non sono sembrati
sufficienti per tentare una corretta restituzione dell'aspetto originario
della facciata o quanto meno di un suo momento anteriore alla rimozione
" dello scomposto ed assurdo intonaco del barocco Seicento",
cioè della decorazione che presentava anche elementi figurativi,
quale appare in una foto Naya del 1867.
Si è pertanto optato per una soluzione meno radicale ma più
rispettosa della storia anche recente del manufatto: asportando
la malta solfatata dagli interstizi fra i mattoni, consolidando
quella residua e i mattoni stessi, richiudendo con una malta appositamente
studiata mediante la messa in opera di campioni per definire composizione,
consistenza, granulosità, tinta. Successivamente essa è
stata trattata con un protettivo sintetico lungamente testato e
poi controllato nel corso degli anni.
Infine è stato messo in opera il Corpo tecnologico attrezzato
o d'accesso (CTA), una sorta di "protesi" tecnologica
multifunzionale, installata in corrispondenza del nuovo ingresso
laterale, fornita di un impianto di aspirazione e di specifiche
attrezzature -atte ad abbattere la polvere e a "catturare"
gli inquinanti, di modo che i visitatori che entrano nella Cappella
vi giungano "depurati" e in condizioni di equilibrio termoigrometrico
- nonché di un sistema automatizzato per regolare l'afflusso
dei visitatori, consentendo la permanenza contemporanea all'interno
della Cappella ad un numero limitato di persone (25).
Nel prefabbricato hanno trovato posto anche i servizi indispensabili
ad fruizione del monumento corretta ma non per ciò meno piena.
Nel frattempo, però, altri interventi, studi, ricerche e
indagini sono stati portati a termine.
In breve, quanto agli interventi, è stato revisionato il
tetto, restaurate le decorazioni lapidee della facciata, curati
la raccolta e lo smaltimento delle acque meteoriche e di superficie
vicine al monumento.
Quanto al resto, è stato effettuato un completo rilevamento
architettonico dell'edificio (finora inesistente), ne è stata
indagata la statica, e definito il sistema di illuminazione dell'intero
ambiente. Sono stati inoltre effettuati a cadenza stagionale rilevamenti
dei parametri ambientali termoigrometrici e di qualità dell'aria
(preventivamente ma anche successivamente alla messa in opera del
CTA per garantire un continuo monitoraggio delle condizioni della
Cappella a restauro effettuato) e, in continuo, misure di scambio
vapori tra le decorazioni murali e l'ambiente con cui esse stanno
a contatto.
Tutte queste attività, progettate e controllate da una Commissione
mista costituita da rappresentanti del Comune di Padova, delle due
soprintendenze competenti e dell'Istituto centrale del restauro
con funzioni di coordinamento scientifico, sono state o sono a carico
dell'Ente proprietario mentre le attività di seguito elencate
sono state progettate ed effettuate dall'ICR su fondi del Ministero
dei beni e delle attività culturali, quasi sempre in amministrazione
diretta e spesso in attività didattica.
Sono state approfondite le ricerche sullo stato di solfatazione
dei dipinti e messo a punto un metodo di estrazione dei sali solubili
dalla pellicola pittorica mediante tests eseguiti in attività
integrata fra restauratori ed esperti scientifici.
Dal 1988 al 1992 sono stati eseguiti rilevamenti sistematici dello
stato di conservazione della decorazione pittorica dell'intera Cappella
(compresi i 2 ambienti attigui al presbiterio), utilizzandone i
dati per costruire mappe grafiche tematiche informatizzate accompagnate
da una documentazione fotografica a carattere strettamente tecnico
(anche UV e IR) e sono stati messi in opera interventi conservativi
d'urgenza in corrispondenza di quelle zone, piuttosto numerose,
dalle quali la pellicola pittorica si era più o meno nettamente
staccata e rischiava di cadere (ciò avveniva in particolare
nel Giudizio Universale in corrispondenza dell'Inferno, nel dipinto
su tavola con l'Eterno che affida a Gabriele la missione dell'Annuncio
a Maria, nella stessa Missione dell'Annuncio, nella Disputa con
i Dottori, nell'Andata al Calvario, nel Ritorno a casa di Maria
o - più tardi - in zone di dipinto murale in cui era l'adesione
fra supporto murario e strati preparatori a correre seri pericoli.
Nel 1994 era stato effettuato un intervento di restauro campione
sulla Missione dell'Annuncio, con l'intento di affrontare nella
situazione più difficile e complessa tutte le problematiche,
sia conservative che "estetiche", che il previsto restauro
delle decorazioni giottesche avrebbe potuto presentare e metterne
a punto idonee soluzioni.
Precedentemente (oltre al restauro delle 3 statue di Giovanni Pisano
rappresentanti una Madonna con Bambino e 2 angeli o diaconi cerofori)
erano stati ricostruiti - anche con il sussidio di ricerche archivistiche
appositamente effettuate e con il controllo incrociato di ricognizioni
dirette da parte di esperti e di analisi scientifiche - alcuni momenti
assai significativi per la storia conservativa del manufatto ed
in particolare l'intervento in due momenti successivi (1958 e 1961
- 63) da parte di LeonettoTintori.
|
|
|
|