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ADALBERTO LIBERA
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Adalberto Libera a Chicago

biografia

ADALBERTO LIBERA (1903 – 1963)

Nato a Villa Lagarina (Trento) e diplomato all'Istituto d'arte di Parma (1925), si trasferisce a Roma dove si laurea alla Scuola superiore di architettura (1928). Libera conosce l'avanguardia europea attraverso gli artisti trentini legati ai futuristi, come F. Depero e L. Baldessari, e la cerchia dei giovani milanesi del Gruppo 7, con due dei quali (Pollini e Rava) aveva compiuto un viaggio in Germania.
Milano e Roma si delineano come temi di un fertile confronto per la formazione di Libera: avanguardie e storicismo sono i termini entro cui gioca la sua produzione. I primi progetti inclinano verso astrazioni ermetiche, ricercano leggerezza e luminosità, tendono alla fusione fra architettura e decorazione, e sono sostenuti da una forte idea strutturale, temi che coerentemente caratterizzeranno tutto il suo lavoro futuro. Nell'ambiente professionale romano Libera stringe amicizia con M. Ridolfi, compagno prima di studi, poi fino al 1931 di ricerche progettuali.


Entrato a far parte del Gruppo 7 (1927), svolge nella capitale un'opera di diffusione dei principi razionalisti organizzando la I° Esposizione italiana di architettura razionale (1928, con G. Minnucci), contemporaneamente firmando su «Rassegna italiana» scritti polemici con le posizioni di M. Piacentini e, infine, fondando il gruppo razionalista romano, confluito poi nel Miar, di cui è segretario generale.


Mentre organizza la II° Esposizione di architettura razionale (1931), si apre un periodo di turbolento dibattito, segnato da contraddizioni e perfino da tacite intimidazioni della cultura accademica dominante. Escluso da incarichi pubblici significativi, mette a frutto la sua abilità di pittore e di grafico, senza rinunciare alla partecipazione a concorsi, o inventandosi un'autocommittenza. In quegli anni realizza solo il padiglione Scac alla Fiera di Milano e l'arredamento della casa elettrica alla IV Triennale (1930); qui incontra C. Terragni e C. Pagano.

Del 1931 sono le prime realizzazioni architettoniche: la colonia Gil a Portocivitanova, la casa Nicoletti a Roma e la scuola elementare «R. Sanzio» a Trento, terminata nel 1934. L'attività professionaIe affievolisce però l'impegno teorico; nel 1932, dalla strategia di M. Piacentini di riunire i gruppi contrapposti, nasce l'incarico a Libera e M. De Renzi dell'allestimento della Mostra del decennale della rivoluzione fascista. Ancora con De Renzi, e sempre nell'ambito dell'effimero, realizza padiglioni per esposizioni e le mostre al Circo Massimo (1937/1939). Partecipa ai concorsi banditi dal Governatorato di Roma, vince, e realizza con De Renzi, quello per il palazzo postale all'Aventino (1933/1935), costruisce delle case a Ostia (1932/1934).
Nella collaborazione con De Renzi, cui si aggiunge G. Vaccaro, Libera tempera il suo spiccato individualismo, accettando le istanze della collaborazione; tuttavia la sua cifra stilistica è chiaramente individuabile, configurando le linee di una ricerca che «si snoda a partire da un'idea-forma capace di racchiudere in sé le soluzioni plastiche, di ordinarIe, controllarle, organizzarle, fino a renderle funzionali. La funzione non è il punto di partenza, ma la verifica della possibilità di combinare razionalmente determinate forme» (Ciucci 1989).


Nel superamento dell'individualismo e nella riproposizione dei valori classici misurati anche sulle istanze sociali dell'architettura, fonda la sua idea di «stile». Questi temi si intrecciano anche nel Palazzo dei Congressi all'E 42 (1937/1942), il suo più importante impegno professionaIe di questi anni, dove persegue la fusione tra architettura e arti figurative. Ma la qualità simbolica ed espressiva del suo contributo all'immagine dell'E 42 è compendiata dal grande arco in alluminio che doveva segnalare a scala territoriale l'accesso all'esposizione. Dello stesso periodo (1938/1943) è la mediterranea e purista villa Malaparte a Capri. Sono anni in cui Libera tende a spostarsi verso un'astrazione formale sempre più forte mentre, senza apparenti contraddizioni, ricerca una moralità nell'architettura, come altri protagonisti della sua generazione, applicandosi al tema sociale della residenza.
Con Vaccaro prepara un progetto di ricerca sull'abitazione di massa nell'ambito di una pianificazione complessiva, che suscita l'interesse di Ponti e la sua collaborazione nel 1943 alla Carta della Casa, programma di rifondazione di un'architettura razionale che possa portare Verso la casa esatta (1945), verso la «casa per tutti».

La guerra e la caduta del fascismo determinano un drammatico contraccolpo psicologico in Libera, che si rifugia a ViIla Lagarina, presso Trento (1943/1946), quasi in esilio, e che di questo periodo lascerà una testimonianza lacerante (in «La casa», 1960).
Pur nell'isolamento, prosegue gli studi sull'alloggio, sempre più tesi alla teoria, all'astrazione (schemi aggregativi, simulazioni distributive e funzionali) e alla sistematizzazione delle soluzioni dell'abitare.
Progressivamente le necessità funzionali sono chiamate a garantire un'oggettività distaccata mentre alla forma sembra negato ogni valore: è proprio nel formalismo dell'anteguerra che Libera sembra identificare la colpa dell'adesione al fascismo.

Nel dopoguerra lavora con A. Foschini nel programma Ina casa e dal 1949 assume la direzione dell'ufficio progetti, che manterrà fino ai primi anni cinquanta, quando diventa consulente esterno. Riprende infatti l'attività professionale autonoma, cadenzata da frequenti collaborazioni con alcuni studi romani (L. Calini ed E. Montuori, A. Spaccarelli e C. Ligini).

Tra il 1950 e il 1954 realizza a Roma l'unità d'abitazione orizzontale al Tuscolano, differenziandosi dagli altri progettisti (De Renzi e S. Muratori) che operano in gruppo nello stesso quartiere. Elaborato dopo un viaggio in Marocco, che ne influenza l'impianto a «casbah», il suo progetto resta un esperimento isolato, un microcosmo decisamente antimetropolitano, non privo di suggestioni formali risolte all'interno dell'idea-forza del recinto.
Dal 1953 insegna a Firenze, e dal 1962 a Roma nel corso di composizione architettonica. L'ultimo decennio della sua produzione privilegia due filoni di ricerca: la sperimentazione tecnologica e la grande scala architettonica. Le ricerche sulle strutture-involucro per grandi sale, iniziate nell'anteguerra, approdano a brillanti esiti come nel cinema Airone a Roma (1953/1956), oggi alterato) dove la perfetta identità fra struttura e forma sembra raggiungere un'icastica oggettività.
Nel palazzo della Regione a Trento (1954/1962), nel palazzo per uffici in via Torino (1956/1958) e nei nuovi progetti per l'Eur (Ina e Ministero del Tesoro), questi ultimi a Roma, l'idea-guida della struttura-forma si coniuga con un uso della geometria come sistema di controllo del processo progettuale e clausola espressiva. All'interno di questo sistema compositivo Libera introduce elementi anomali (fuoriscala, anacoluti, tensioni dinamiche), che si traducono in provocazioni formali non sempre riuscite.
Contemporaneamente la sua ricerca sulla città si muove con un forte «credo» nel quartiere residenziale. Dei quartieri realizzati a Roma tra gli anni cinquanta e sessanta i più emblematici sono il Villaggio olimpico (1957/1960) e il complesso residenziale lncis a Decima (1960/1966), ambedue con il gruppo di cui fa parte L. Moretti.
Nonostante la vecchia amicizia tra i due, è netta la differenza di vedute, più evidente a Decima, che sigla una sostanziale discrasia fra le due concezioni compositivo - figurative.




Dizionario dell’architettura del XX secolo

Il testo, di Maria Luisa Neri,
è tratto da “Dizionario dell’architettura del XX secolo”
a cura di Carlo Olmo, Volume 4 – Ed. Umberto Allemandi &C – Torino, 2001

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