Approfondimento
La Basilica ed il Capitolo
di Sant'Antonio


Stigmatizzazione, Convento del Santo, Sala Capitolare, Padova

Sugli affreschi nella chiesa e nell'annesso Capitolo di Sant'Antonio a Padova, bisogna ricordare che il "rifacimento glorificante della Basilica del Santo", durato almeno fino al 1300, fu ripreso con nuova lena nel 1307.
Vittorio Sgarbi ha recentemente ribadito (cfr. "Giotto e il suo tempo", Federico Motta editore, 2000) che fu proprio il lavoro di Giotto nel Capitolo a determinare l'incontro del pittore con la famiglia Scrovegni.
Per gli affreschi del Capitolo tutto ha inizio nel 1842 quando Pietro Selvatico scopriva sotto scialbature alcuni frammenti di un Martirio dei francescani nella Sala Capitolare del Convento minorita di Sant'Antonio a Padova e li riconosceva come "giotteschi". Nei decenni successivi, il ritrovamento si ampliò e ritornarono in luce nelle pareti lunghe della sala una Crocifissione e una Stigmatizzazione - oltre al già citato Martirio - e nei lati brevi, entro una complessa partitura architettonica, Santi francescani e Profeti a figura intera.
Il ritrovamento di queste pitture dai caratteri sicuramente giotteschi confermò le molteplici indicazioni delle fonti storiche circa una presenza di Giotto al Santo: da Riccobaldo Ferrarese (1312 c.), a Michele Savonarola - che nel 1440 parla proprio di decorazioni al capitolo del convento - al Malvasia. Particolarmente degna di considerazione è la dettagliata nota di Marcantonio Michiel, autorevole fonte anche per Giorgione, che nel 1550 parla di un affresco della Passione di mano di Giotto fiorentino, sempre nel capitolo. Vasari invece nell'edizione delle Vite del 1568 attesta l'intervento di Giotto in alcune cappelle della chiesa.
Gli affreschi del Capitolo vengono invece attribuiti da Francesca Flores d'Arcais, ad un collaboratore di Giotto. Un'ipotesi non condivisa da un altro studioso, il Boskovits che, già nel 1990 e più recentemente in occasione della mostra fiorentina di Giotto, propone l'autografia giottesca.

Busto di Santa, Basilica del Santo, Cappella delle Benedizioni, Padova

In una cappella del tornacoro della Basilica, invece, la Cappella delle Benedizioni, è stata riconosciuta dalla studiosa Flores D'Arcais, la mano del maestro nella decorazione del sottarco con busti di sante (purtroppo in pessimo stato di conservazione) entro ricche e studiate cornici polilobate. L'antica appartenenza della cappella alla famiglia Scrovegni, committente della più famosa Cappella dell'Arena, affermata dalla storiografia locale nel Settecento, documenta un legame tra le due imprese che è possibile rafforzare, secondo Sgarbi, anche per via stilistica.
Egli sostiene che la Cappella delle Benedizioni è immediatamente precedente agli Scrovegni, per contiguità stilistica, cronologica e di committenza, mentre la decoraziane del Capitolo si pone in stringente vicinanza con una parte degli affreschi di Assisi. Sarebbe possibile, quindi, riconoscere il primo intervento padovano di Giotto proprio nel Convento del Santo e quindi certamente prima del 1303.

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