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Particolare del compianto sul Cristo morto
e deposto dalla croce |
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Seguendo attentamente il
racconto evangelico Giotto conclude le Storie di Cristo con le scene dell'Entrata
in Gerusalemme e della Cacciata dei mercanti dal tempio: il Tradimento
di Giuda, sull'arco trionfale, dà avvio alla sequenza degli episodi
della Passione, o, più esattamente della Passione, Morte e Resurrezione,
visto che il ciclo si conclude con la Pentecoste.
Si compie in questo modo la prima, fondamentale parte del programma iconografico
complessivo della Cappella: la redenzione dell'uomo da parte di Cristo,
a cui seguono la lotta tra il Vizio e la Virtù e il Giudizio finale.
Le scene della Passione sono uno dei temi più ricorrenti nell'arte
e Giotto si è nel complesso mantenuto fedele alla tradizione, pur
portando profonde innovazioni nella costruzione degli spazi e delle figure,
oltreché nell'intensa emozione gestuale ed espressiva.
Le fonti
Il Vangelo costituisce l' ovvio riferimento letterario: tuttavia Giotto
costruisce i vari episodi scegliendo volta per volta diverse redazioni.
La fonte delle scene più dinamiche (come il Bacio di Giuda, Cristo
davanti a Caifa e la Flagellazione) è il testo di Matteo, ricco
di particolari descrittivi, ma solo Luca, parlando del tradimento di Giuda,
afferma "Satana entrò in lui" come appunto si vede nella
scena dell'arco trionfale. La presenza di due angeli sul Sepolcro vuoto
e la commistione del tema del Noli me tangere con quello della Resurrezione
indica, inequivocabilmente il rimando a Giovanni: questa interpretazione
è evidentemente cara a Giotto, che la ripropone qualche anno dopo
negli affreschi della Cappella della Maddalena, nella Basilica Inferiore
di Assisi.
Gli ultimi due quadri della serie, inoltre, sono con ogni probabilità
desunti dagli Atti degli Apostoli. Per la Pentecoste il rimando è
scontato: la discesa dello Spirito Santo a porte chiuse, sotto forma di
lingue di fuoco, sancisce l'inizio della missione della Chiesa e della
predicazione degli Apostoli, ed è narrata con dovizia di particolari;
il riferimento agli Atti degli Apostoli per l'Ascensione è più
sottile, e si può riconoscere dal particolare dei due angeli che
additano Cristo, dei quali non fa cenno alcuno dei quattro Vangeli.
Iconografia
Lo strazio degli angeli intorno alla croce è un motivo presente
anche nell'affresco di Cimabue ad Assisi, mentre il ricordo di modelli
classici conosciuti a Roma e a Pisa (le varie versioni del sarcofago di
Meleagro) emerge nella commossa scena del Compianto sul Cristo morto.
Confermando un' attenzione già dimostrata nei registri superiori,
Giotto si preoccupa di identificare con precisione luoghi e personaggi:
le due scene contigue dell'Ultima Cena e della Lavanda dei piedi si svolgono
in un identico ambiente, mentre gli Apostoli assumono i particolari fisiognomici
e di abbigliamento che li renderanno facilmente riconoscibili lungo tutto
lo sviluppo del ciclo. Si può inoltre notare come nella Salita
al Calvario Cristo esca con la croce in spalla dalla stessa porta di Gerusalemme,
merlata e turrita, attraverso la quale era festosamente entrato nella
penultima scena del registro centrale. Analoghe attenzioni si notano anche
in particolari apparentemente secondari. Nelle prime due scene del lato
destro l'ossidazione del metallo imitante l'oro ha reso le aureole degli
Apostoli simili a dischi scuri: in origine, Giotto aveva scelto per Cristo
un nimbo rivestito di oro fino, oggi meglio conservato, per gli Apostoli
aureole con incisioni raggiate (ben riconoscibili nelle scene del lato
opposto) e per Giuda un'aureola più semplice, priva di raggi. Si
può segnalare lo scarsissimo rilievo dato alla figura di Ponzio
Pilato, che compare in modo del tutto marginale solo nell'episodio della
Flagellazione: pochi anni dopo gli affreschi di Giotto, il governatore
della Giudea troverà invece un ruolo di protagonista nelle scene
della Passione dipinte da Duccio nella faccia posteriore della Maestà
per il Duomo di Siena.
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